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Ceramiche for a better life: why plain white dishes? |
Suona tetro e
del tutto edgarallanpoe, ma qua non posso negare che tante volte, vedendo
persone tristi per la strada, io non sia contento. Non sono un mostro, non sono
un depresso. Il fatto è che, come mi è appena capitato tornando a casa, vedo un
tipo che cammina a testa china tutto immerso nei suoi pensieri e in chissà
quale speranza, allora io vedo che la gente sente, la gente se la rimugina, e
non mi butto giù a mia volta.
Nel senso, mi
è capitato di essere triste come quasi mai in mezzo ad una pleura di persone
scintillanti, effervescenti, in mezzo a ballerini super-sorriso. Di contro, oltre
a questi soggetti verniciati d’oro, vedo costantemente persone che vanno
girando di picco in picco: certe volte sono terrorizzate, altre sono come mille
riccardo cuor di leone; un giorno sono arlecchino e invece quello dopo vanno a
palla in paranoia. Io adoro questi sbalzi, li adoro proprio.
Quelli sempre
costanti mi ostacolano, questo è certo.
Per esempio
quel tipo che ho incontrato poco fa, quello che ho menzionato qui sopra, io lo
vedo sempre in mezzo alla gente a fare l’anfitrione di qualunque cosa e di
chiunque e quando proprio attimi fa l’ho incrociato con quella faccia sempre
allegra ora grigia e pia, allora mi ha fatto piacere, perché a dire la verità la
sua faccia sempre allegra mi aveva stancato. Mi chiedevo quanto fosse finto e
se capisse qualcosa. Ora è meglio. Ora mi dico che sì è finto ma è a fin di
bene e anche lui sguazza in qualche istante di solitudine e ci sta, e va
pensando a chissà cosa. Quindi qualcosa capisce per forza.
Come diceva il
“mio” caro Sottsass, io sono naturalmente
amico degli emarginati, degli insicuri, dei deboli, degli imperfetti. Sì, sì
l’imperfezione è fantastica. A me fa molto da ago di bilancia nel valutare
persone e situazioni. Se vedo la perfezione, o l’ansia di presentarmela, cosa
ci posso fare, vado in blocco, e storco il naso, e vado sul sospetto, e quando
ci vado addio perché la mia mente viaggia sempre veloce e lontano
La costanza è
illusione.
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Swallow the pill down, and let me see your tongue then! |
L’imperfezione
è un patchwork fantastico. Millecolori, technicolor, vistavision. Ma questo già lo sappiamo, anche se non dovremmo mancare di ripetercelo. A ruota, anche.
Ora per
esempio guarderò con un altro occhio quell’omone che sa essere anche triste, e
riderò di più alle sue battute, magari anche se le considero un po’ sceme,
perché se anche non sincere, ora posso anche sapere che nascono però dalla
sincerità di voler nascondere una sensibilità esistente, una sensibilità che
parla, che gli parla, anche se non parla col mondo. Non è necessario che lo
faccia.
La debolezza
ha tutto il diritto di rimanere segretata, di essere vissuta solo da chi ce
l’ha.
Per questo non
sono un mostro nell’essere contento nel vedere la gente triste. E mica rido
delle disgrazie, non conosco le storie di tutti i tristi che vado incontrando e
quindi non c’è niente di personale. Sto là ad essere contento di vederli
sentire qualcosa, che questi camminano e stanno a testa bassa ad ascoltarsi i
pensieri, di questo sono contento, non conosco i fatti che li determinano,
guardo solo la maschera che li esprimono.
Qua stanno
sempre tutti a luccicare, sbevicchiare roba col red bull dentro e comprarsi
hogan, quindi io mi appello alle piccole cose della vita. Sì, mi appello anche
alle generalizzazioni, perché so riconoscerle e scelgo quando farne uso.
La sofferenza intesa
come sentimento genera un sacco di bellezza, perché presuppone che uno si scavi
dentro, per sopportarla, per elaborarla, per accantonarla: questo percorso
interiore porta all’evoluzione.
Eppure viene
sempre sopita, come fosse aliena, fa paura a tutto il mondo.
Siamo un
insieme di sensazioni, non di pose.
Tu ridi e ridi
e ridi.
Io guardo la
gente triste e certe volte sono contento.
Scattati una
foto, scattatela. Flash!
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This is my face as it appears today |
E poi prova la
vodka per quello che è, senza red bull.
Il gin senza la
tonica, il whiskey senza coca-cola.
Il mondo senza
sorrisi è proprio da provare.