sabato 23 marzo 2013

North by northwest for ever?



L'espressione "north by northwest" in inglese sta ad indicare una direzione inesistente, una non-direzione. Quando si dice che un uomo prende e va a "north by northwest" allora si vuole intendere che quello è un uomo per così dire confuso, o perso. 
Poco tempo fa avevo letto di un giapponese che si era affogato nella letteratura: nel senso, si era chiuso nel suo appartamento-cabina (quei monolocali simili a lattine da carne in scatola contenuti a centinaia in grattacieli nel cuore delle città giapponesi), ed aveva dimenticato, credo volutamente, al principio, di uscire di casa, di uscire nel mondo.
Aveva passato mesi chiuso ermeticamente nella sua mono-porzione di casa, chiuso in sé stesso, sparandosi libri e libri e libri di qualunque cosa. Ordinava da mangiare dai servizi a domicilio, e così anche faceva la spesa per i beni di prima necessità, di prima reale necessità, quella a cui lui non badava. E la cultura, anche, l’anima bella delle sue letture usciva dalle pagine distorta, malata pure lei, perché di sicuro si legge con noi stessi, e non con la scienza. Questo giapponese minuscolo in mezzo a mille cubi di cemento si mangiava da sé, si auto-cannibalizzava. Proseguì, diceva l’articolo, finché poi qualcuno, non ricordo chi ma credo un qualche rappresentante statale andato da lui forse per un censimento o per una qualche rimostranza, non si era reso conto dello stato pessimo in cui questo ragazzo riversava. Mi pare fosse andato avanti in quella maniera per quasi un anno, e non lavorava, era giovane, tipo studiava e riceveva denaro dai genitori lontani.
Il giapponese però non amava la letteratura, non amava sé stesso, non amava la città, non amava il mondo, non amava la vita, perlomeno in quel momento.
Io invece amando tutto quanto o quasi certe volte sfuggo dalla realtà e mi rifugio in tempi lontani, nelle intersezioni di spazi, nel cocciare di mondi diversi. Mi ci rifugio per attimi, per infinitesimi attimi, e quando torno alla realtà, questa qua, tutto è più bello e sopporto tutto e leggo qualunque cosa con gli occhi di chi di tanto in tanto incontra il bello.
Sono un uomo semplice, direi quasi un bambino. Mi esprimo a sensazioni.

mercoledì 20 marzo 2013

Devo proprio trovare una scusa per provare ad essere chi mi piacerebbe essere



Non ho per niente voglia di fare grossi discorsoni sull’identità umana: l’uomo non è altro che carta bianca, non ha specifiche, è tutto da costruire. Di per sé, senza impegno, l’essere umano secondo me non vale proprio niente. Ripeto dunque qua la mia convinzione (che va in contrasto con quello che di solito si sente dire in giro): sono certo che non devo essere me stesso a tutti i costi, e aggiungo pure che io non ho avuto mai voglia di partire alla mia ricerca, proprio per niente. Non ho mai capito coscientemente, ma di sicuro ho sentito che per me quella roba, quel tanto essere sé stessi, era una grande bufala, sicuramente un punto a favore dell’ignoranza e a sfavore dell’evoluzione personale.
Potrei infatti anche adagiarmi su quel tipo di concetto , stare lì a ripetermi che vivrei in armonia soltanto se arriverò un giorno a conoscermi fino in fondo e ad essere me stesso (che espressione idiota), ma non ce la faccio proprio, perché sono convinto esattamente del contrario. E’ facile dirsi che comunque vada ognuno di noi vale, è unico, è straordinario. Invece questo non è vero per niente. Tante volte, in certi casi, se fossi me stesso, sarei proprio uno schifoso verme, e conosco una marea di persone che lo sarebbero, o addirittura lo sono, alla stessa maniera. 
Essere sé stessi è spesso solo una giustificazione, questo è quello che intendo. 
Viceversa, provare ad essere quello che io voglio essere, riempirmi di tutto ciò che amo, e non che necessariamente mi rappresenta, è per me la vera via al benessere, sto proprio meglio. Sì, d’accordo, i puristi antropofili storceranno il naso e sbatteranno in prima pagina quella solfa che tutto il mondo è un palcoscenico e noi siamo gli attori che lo calcano e tutte quelle metaforacce lì, ma per me non valgono niente. Io mi sono accorto di essere un burattino soltanto quando decido di non esserlo. Mi sono accorto di essere un burattino quando mi sforzo con tutte le forze di non esserlo. A chi e che cosa sto donando tutto quell’impegno? Sicuramente non a me e non alla vita, perché in giro c’è di meglio da fare. C’è da creare, c’è da sognare, c’è da correre, e tutti quegli altri concetti demagogici a dirli ma geniali a farli.
Devo proprio trovare una scusa per provare ad essere chi mi piacerebbe essere.
Quello sì che richiede vero impegno. Come dicevo sopra, nasciamo che siamo carta bianca e quel “nostro vero io” che andiamo tanto cercando e rincorriamo non è altro che una chimera, un’utopia, un qualcosa di brutto e insignificante. Quello che siamo veramente è istinto animale, e l’istinto animale non è unico, non è straordinario, non è prezioso, perché l’istinto animale ce l’hanno tutti, compresi i cani, e quelli hanno bisogno di uno che raccolga le loro cagate dal marciapiede.
Ho deciso di responsabilizzarmi. Tanti si responsabilizzano a livello politico, sociale, economico, familiare, civico. Altri non lo fanno in nessuno di questi campi. Io ho deciso di proclamarmi diretto responsabile anche e soprattutto di quello che mi accadrà, di quello che riuscirò a costruire, sia esso tangibile o no. Io sono il diretto responsabile della mia persona.
Non sarò mai fino in fondo quello che sono, perché voglio mettermi lì a provare di essere migliore. 
Voglio costruirmi migliore. Mi prendo, mi destabilizzo, faccio regnare il caos, mi perdo.
Ho visto posti incredibili imboccando strade a caso, incontrato gente fantastica entrando in appartamenti sconosciuti. A casa mia invece quando entro ci sto sempre io, e non è che sia questa grande gioia. La strada che faccio da casa a lavoro, poi, soltanto quando c’è la neve mi lascia un po’ sorpreso.
Non sarò me stesso, sarò uno che proverà ad essere quello che gli piace essere.
Non ho attenuanti, perché se non ci provassi nemmeno ci sarebbe il rischio di diventare una persona di merda, una di quelle che mettono le corna e poi vanno dalla moglie fedele a piangere, chiedendole di essere meno straordinaria.
“Cara, ti prego, perché devi essere tanto fantastica?” – potrei dire.
E lei potrebbe rispondermi a buon diritto che deve essere tanto fantastica per bilanciare il fatto che io sia invece una merda colossale.
Una sorta di feng-shui, insomma. Equilibri geopolitici.
Mi piacerebbe essere dalla parte giusta, in questi equilibri.

lunedì 18 marzo 2013

Happy Families, by night

Ne furono soltanto due
Abbiamo pensato a lungo che cieli fantastici sarebbero presto arrivati sopra le nostre teste, ma non arrivarono mai.
Presto è per sempre.
Pensavamo fossero migliori.
"Stai romanticizzando del dolore che hai nella testa", cit.



sabato 16 marzo 2013

Paradise Circus stay here


It's unfortunate that when we feel a storm
we can roll ourselves over 'cause we're uncomfortable
oh where the devil makes us sin
but we like it when we're spinning in his grip.


mercoledì 13 marzo 2013

Santa Realtà degli Spiriti


Molte volte, quando scado un po' nel sentimentale, penso che gli amori migliori non siano vissuti, appartengono ad altri tempi, altri spazi, e i sogni veri forse siano soltanto quelli irrealizzabili.
Poi per carità, riesco a tornare alla realtà, e a capire che quella è tutto ciò che conta, tutto ciò che esiste davvero, e tutte quelle altre faccende sono soltanto spiriti. Ma comunque sia, non vorrò mai liberarmi di loro. Abiteranno sempre a casa mia. Ognuno vive come può. O come è abituato a farlo.






venerdì 8 marzo 2013

Complessissime tristezze

Ceramiche for a better life: why plain white dishes?

Suona tetro e del tutto edgarallanpoe, ma qua non posso negare che tante volte, vedendo persone tristi per la strada, io non sia contento. Non sono un mostro, non sono un depresso. Il fatto è che, come mi è appena capitato tornando a casa, vedo un tipo che cammina a testa china tutto immerso nei suoi pensieri e in chissà quale speranza, allora io vedo che la gente sente, la gente se la rimugina, e non mi butto giù a mia volta.
Nel senso, mi è capitato di essere triste come quasi mai in mezzo ad una pleura di persone scintillanti, effervescenti, in mezzo a ballerini super-sorriso. Di contro, oltre a questi soggetti verniciati d’oro, vedo costantemente persone che vanno girando di picco in picco: certe volte sono terrorizzate, altre sono come mille riccardo cuor di leone; un giorno sono arlecchino e invece quello dopo vanno a palla in paranoia. Io adoro questi sbalzi, li adoro proprio.
Quelli sempre costanti mi ostacolano, questo è certo.
Per esempio quel tipo che ho incontrato poco fa, quello che ho menzionato qui sopra, io lo vedo sempre in mezzo alla gente a fare l’anfitrione di qualunque cosa e di chiunque e quando proprio attimi fa l’ho incrociato con quella faccia sempre allegra ora grigia e pia, allora mi ha fatto piacere, perché a dire la verità la sua faccia sempre allegra mi aveva stancato. Mi chiedevo quanto fosse finto e se capisse qualcosa. Ora è meglio. Ora mi dico che sì è finto ma è a fin di bene e anche lui sguazza in qualche istante di solitudine e ci sta, e va pensando a chissà cosa. Quindi qualcosa capisce per forza.
Come diceva il “mio” caro Sottsass, io sono naturalmente amico degli emarginati, degli insicuri, dei deboli, degli imperfetti. Sì, sì l’imperfezione è fantastica. A me fa molto da ago di bilancia nel valutare persone e situazioni. Se vedo la perfezione, o l’ansia di presentarmela, cosa ci posso fare, vado in blocco, e storco il naso, e vado sul sospetto, e quando ci vado addio perché la mia mente viaggia sempre veloce e lontano
La costanza è illusione.
Swallow the pill down, and let me see your tongue then!
L’imperfezione è un patchwork fantastico. Millecolori, technicolor, vistavision. Ma questo già lo sappiamo, anche se non dovremmo mancare di ripetercelo. A ruota, anche.
Ora per esempio guarderò con un altro occhio quell’omone che sa essere anche triste, e riderò di più alle sue battute, magari anche se le considero un po’ sceme, perché se anche non sincere, ora posso anche sapere che nascono però dalla sincerità di voler nascondere una sensibilità esistente, una sensibilità che parla, che gli parla, anche se non parla col mondo. Non è necessario che lo faccia.
La debolezza ha tutto il diritto di rimanere segretata, di essere vissuta solo da chi ce l’ha.
Per questo non sono un mostro nell’essere contento nel vedere la gente triste. E mica rido delle disgrazie, non conosco le storie di tutti i tristi che vado incontrando e quindi non c’è niente di personale. Sto là ad essere contento di vederli sentire qualcosa, che questi camminano e stanno a testa bassa ad ascoltarsi i pensieri, di questo sono contento, non conosco i fatti che li determinano, guardo solo la maschera che li esprimono.
Qua stanno sempre tutti a luccicare, sbevicchiare roba col red bull dentro e comprarsi hogan, quindi io mi appello alle piccole cose della vita. Sì, mi appello anche alle generalizzazioni, perché so riconoscerle e scelgo quando farne uso.
La sofferenza intesa come sentimento genera un sacco di bellezza, perché presuppone che uno si scavi dentro, per sopportarla, per elaborarla, per accantonarla: questo percorso interiore porta all’evoluzione.
Eppure viene sempre sopita, come fosse aliena, fa paura a tutto il mondo.
Siamo un insieme di sensazioni, non di pose.
Tu ridi e ridi e ridi.
Io guardo la gente triste e certe volte sono contento.
Scattati una foto, scattatela. Flash!
This is my face as it appears today
E poi prova la vodka per quello che è, senza red bull.
Il gin senza la tonica, il whiskey senza coca-cola.
Il mondo senza sorrisi è proprio da provare.

martedì 5 marzo 2013

Aspetta e nel frattempo vaga



Il lavoro che faccio mi porta ad incontrare ogni genere di pazzi. Ne vengono di tutti i tipi. Ti guardano in faccia e non rispondono al tuo saluto; aprono le confezioni di qualunque cosa e rubano di tutto davanti alle telecamere (specie rubano i profilattici ritardanti); prendono e ti parlano del satanismo imperversante e delle maniere in cui loro stessi lo combattono; ci sono quelli completamente ignoranti ed arroganti, che non rispettano la fila e si fanno fare la spesa; alcuni minacciano costantemente di andare da un’altra parte perché i prezzi sono aumentati; qualcuno si incazza perché gli saluti la ragazza. Certi abbaiano come se fossero ai giardini. Certi arrivano nel momento in cui stai chiudendo. Certi altri sguinzagliano bambini-scimmia per tutta la sala. In questi casi chiudo gli occhi e con la mente divento zen.
Ma ecco che delle volte però arrivano anche i pazzi positivissimi, come quello di oggi.
Sono dell’idea che come esempi di vita abbiamo bisogno di gente esagerata, fuori dagli schemi, assurda. Io non la vedo in un’altra maniera, perché a questa gente esagerata, che magari anche spara cazzate a catena, possiamo apporre la nostra capacità critica, e carpire quindi soltanto questo e quell’altro punto del loro essere, e lasciare da parte tutto il resto. Però cavolo è la loro convinzione e la loro forza e il loro entusiasmo a permetterci di considerare le cose in un’altra maniera, mica possiamo correre dietro all’ordinarietà dei bravi oratori: quelli la pensano come noi, ma noi dobbiamo andare per altri lidi, rinvestiamo sull’esotico e pariamo i lupi, non le pecore.
Questo qua di cui avevo cominciato a dirvi è oltre, sta da un’altra parte e non nel mio paese. Naturalmente ci sta fisicamente, ma la sua visionarietà, che non ha magari proprio del genio ma di sicuro molto dell’umano con la mente spalancata, lo porta a riversare dalla sua testa alla sua bocca e quindi all’aria discorsi di un delirio cosmico incantevoli. Non ha radici, non ha freni, non ha cortesie. E difatti si parlava proprio di cortesie, oggi, di quelle finte eppure sciorinate a palate, si diceva, perché le persone non parlano né con lo stomaco né col cuore.
Questo dice di essere stato a vivere in tutto il mondo ed io devo dire la verità non faccio fatica a credergli, perché per quanto ambigua e alcune volte persino inquietante, la mimica del suo viso, e di certo anche quello che dice e come lo dice, denota una certa capacità navigativa in acque non casalinghe. Cioè, secondo me ha avuto a che fare con contadini diversi dai nostri.
Aldilà di questo, mi diceva di come la gente si spaventi quando viene salutata così come deve essere salutata, e cioè appunto col cuore e con lo stomaco, e non con la cortesia. Mi diceva che la gente rimane di sasso e questo è vero. Di mio lo seguivo dicendogli che quando in una strada isolata incrocio qualcuno e gli dico salve invece di far finta di niente e guardare per terra, quello ci rimane di sasso per davvero.
“Questi salutano dicendoti buongiorno signore” – proseguiva – “ma quale signore, chi è il signore? Io ho lavorato per tutta Europa e c’era gente a cui si diceva signore, gente miliardaria, che invece era piena di complessi, alta un metro, e per quanto potesse rivestire tutta una nazione con l’oro, non comprendeva signori proprio per niente, era gente da poco. E allora io che signore sono? Ma salutami con un ciao, salutami come ti pare, ma non darmi del signore, che non vale niente”.
Abbiamo tutti le nostre perplessità su tutto, quindi perché, perplessità per perplessità, non affidarci a persone come questa? Nel senso, perché non dedicare al loro entusiasmo visionario più tempo di quello che dedichiamo ad un qualsiasi cliente che si lamenta dei prezzi?
Questo oggi diceva:
“Io sto qua, a lavorare, un lavoro che non mi piace ma che mi fa campare, e sto lì buono. Ma c’ho la libertà di prendere e andare via quando mi pare, non c’ho problemi, non c’ho debiti, qui pago, là pago, non c’ho freni. Domani se non ce la faccio più prendo e parto, saluto le persone che conosco, vengo qua e ti dico Ale ci siamo fatti ogni tanto quelle brevi chiacchierate, adesso ti saluto, è stato un piacere, ciao e poi parto, non c’ho problemi”.
Che cara bella coperta di Linus sono queste persone.
Esagerate e per niente reali.