domenica 30 giugno 2013

Time doesn't heal anything, it just replaces memories

Smile this!

They love to lie and she seems to understand it all

Time doesn't heal anything, it just replaces memories 1

Time doesn't heal anything, it just replaces memories 2

martedì 25 giugno 2013

Intercapedine


E' inutile dire (ma mi piace anche l'inutilità) che esista tutto un mondo inesplorato nelle relazioni tra persone. Quello che dico non è la stessa cosa di quello che viene recepito, quello che faccio va nel mondo e gira e viene assimilato e viene capito in milioni di maniere diverse, anche dalla stessa persona, anche a seconda delle giornate. E così ecco qua che io che sono tanto attento al presente o ai passati remoti e ai lontani futuri mi perdo le intercapedini e le pause. Mi perdo quel lasso di tempo e di spazio che sta tra una mia lettera e la risposta, o la mancanza di risposta. Mi perdo le brevi attese, mi perdo quelle interminabili. Mi perdo tutto lo spazio che c'è dal punto A al punto B, perché in macchina corro a tutto ed ho fretta di arrivare, e anche fretta di ripartire. Mentre spingo l'accelleratore dico: devo arrivare il più in fretta possibile, perché più tempo sto in strada, più tempo rubo al posto in cui voglio arrivare. E' una questione di spazi e tempi stabiliti e ben fermi, insomma, ma vorrei poter esplorare tutto quello che c'è di dilatabile. Lo spazio e il tempo di una corsa in macchina, appunto, lo spazio e il tempo che impiega un'attesa.
Le intercapedini sono affascinanti. Nell'intercapedine tra un soffitto e un controsoffito, o tra un pavimento e le fondamenta di un palazzo, per esempio, aleggiano mistero, dimenticanze, situazioni non considerate, topi che nessuno ucciderà finché restano lì dentro, metrature insignificanti nel mondo dinamico esterno. Nell'intercapedine tra un soffitto ed un controsoffitto, a furor di metafora, c'è fantasia Disney. Nel senso, non c'è niente e c'è tutto, è uno spazio dove tutto procede fuori dalle logiche terrene, direi. Uscendo dal lirismo, quando io prendo una penna e scrivo una lettera d'amore su di un foglio precedentemente bianco ed imbuco la lettera lasciando che faccia quello per cui è stata creata, cioè arrivare ad una data persona, io ho davanti un'intercapedine, cioè una pausa di spazio e tempo. In questa intercapedine, nasce un mondo, che è un mondo completamente fantastico. C’è un me che aspetta e fantastica e si domanda e vaga con la testa tra le nuvole; c’è un postino samaritano che prende la mia lettera e decide che quella sarà la prima lettera per importanza a dover essere recapitata, ma c’è anche un postino bastardo che decide di aprirla e buttarla via per dispetto; c’è una lei che è ignara di tutto e che sta vivendo quindi solo nella mia mente, nelle mie reazioni, nei miei pensieri, in quello che sarà possibilmente il nostro futuro.
C’è tutto il mondo intero, che va avanti come sempre, nello spazio di tempo che va tra la spedizione e l’arrivo della lettera, ma che qualcosa di cambiato lo ha, quasi impercettibile, è quel gesto che ha messo in moto delle possibilità per un futuro diverso, che già però ha cominciato a voler esistere, e chissà mai se esisterà. Chissà mai se lui e lei passeggeranno insieme su quelle strade, compreranno un giornale in quell’edicola, si siederanno a quel caffè, nuoteranno in quel mare. E questi sono gli spazi dell’intercapedine, che il tempo ci consegna: spazi che iniziano a formarsi e vivono e vivranno totalmente, se mai sarà loro concesso: se mai quei due, io e lei, prenderemo, alzeremo un pannello del controsoffitto, ed insieme guarderemo sorridenti quanta roba c’è lì in mezzo.
Vorrei poter avere la forza per cibarmi di queste sospensioni, ma sono troppo impaurito da ciò che si promette ma non accade mai, ancora. Vivo nell’entusiasmo, e quindi vivo molto anche nelle delusioni. Ma pensandoci bene, anche tra entusiasmo e delusione c’è una bella intercapedine, quindi magari sto già sul carro.


sabato 22 giugno 2013

venerdì 21 giugno 2013

Insospettabili fardelli

Che cosa c'è lì fuori, ragazzo?


Le vittime sono del tutto le figure più pericolose per chi sta loro intorno, certe volte.
Inutile dirlo, la debolezza è la causa di molte sciagure, sia personali che del tutto globali e internazionali. Lasciando stare tutti quei discorsi da history channel sulle debolezze dei dittatori, dei maniaci, dei vari capi di stato in qualsiasi modo corrotti, mi premeva qui affrontare la debolezza delle persone che incontriamo tutti i giorni, quella debolezza che crea insicurezza e quindi porta a mettersi sulla difensiva, in qualunque momento e con qualunque persona, e quando uno sta sulla difensiva vede tutto in maniera distorta ed è difficile averci a che fare, perché sta sempre con le fauci spalancate. Queste persone non sono sé stesse, perché sono strette da paure, e viaggiano su di un altro livello, dove non contano poi molto i valori che abbiamo tutti, quanto piuttosto la propria sopravvivenza. E sappiamo che quando entra in gioco l’istinto di sopravvivenza, l’uomo non guarda più in faccia nessuno, magari senza rendersene conto.
Non si può dire A perché si tramuta in A-TTACCO; non si può dire B perché diventa B-ASTARDO, e così via per tutto l’alfabeto. Non c’è dialogo, perché nella loro testa c’è la giungla, e non un tavolo di diplomazia. Le vie d’uscita sono poche, chi vi sta davanti ha subito una spersonalizzazione. Se andate avanti con le buone, allora non potrete che essere accomodanti; se andate avanti anche con le cattive, risulterete alla stregua di hitler; se andate avanti con le giuste, vi presenterete come stizziti, nervosi, puntigliosi: diavolo, fidatevi, è dura uscirne!
Il fine ultimo, il vostro fine ultimo, è di riuscire ad assumere una certa portanza stoica, un atteggiamento filosofico che possa portarvi fuori da certe dinamiche di basso profilo, e quindi cullarvi per essere riusciti a farlo. Molto spesso vi ricapiterà, vi ricapiterà di imbestialirvi come tori da corrida, ma poi sarete così bravi da ripetervi all’infinito l’espressione vivi e lascia vivere (o meglio, secondo il vostro punto di vista, vivi e lascia morire), e tutto il vostro bollore svanirà.
Il loro fine ultimo è questo: vivere in santa morbosità con sé stessi, scevri da ogni contatto col mondo reale, liberi di non confrontarsi mai con nessuno, convinti che non abbiano niente che non va.
Non risulteranno innocui, né a loro stessi né a chi sta loro vicino, ma è anche giusto che la gente viva il proprio incantesimo, qualunque esso sia.

mercoledì 19 giugno 2013

Call me, Sea

Big mammals came out of the Sea

If there were trees up there it would have been so nice

Tayport goes well