domenica 9 giugno 2013

Fiumi di lava scorrevano in città



La vita delle parole è molto breve. Può capitare oggi di esprimere un concetto fantastico e domani di dimenticarsi totalmente quello che si è detto. Alla stessa maniera, le parole non sono poi così importanti, contrariamente a quello che urlava Moretti, seppure certo in un contesto azzeccato. Le parole hanno il potere oscuro di gelare gli attimi, deformare gli spazi, sviare le attenzioni. Hanno la facoltà di farci titubare, di tentarci a mentire, di iperbolizzare le nostre sensazioni. Io credo che le parole siano il più delle volte nient’altro che i pr del nostro pensiero, e si sa che i pr sono spesso sovraeccitati e tendenti ad indorare la pillola, o a fornircene una.
Vorrei potessimo essere lasciati soli. Come dice il titolo, appunto, vorrei potessimo essere fiumi di lava che scorrono nelle città, e non affidarci all’immediata comodità delle sole automobili per muoverci sulle varie vie del pianeta. Il volante che abbiamo tra le mani, le parole appunto, ci permette di guidare, ma guidare su strade già tracciate. La passione strabordante viene impacchettata, sottovuoto, come una coscia di vitello bollito. Il guaio è che abbiamo l’impressione che non sia così. Spendiamo parole e parole ad autodefinirci e definire qualunque cosa o chiunque, nel bene e nel male, e spesso valutiamo quello che diciamo semplicemente attraverso la maniera in cui lo abbiamo detto.
Qua siamo per il verbo fare. Fare, baciare, no lettera, no testamento. Il calore della lava e non quello del motore di un auto, generato da turbine, oli e benzine. Il calore umano e non quello della parola, generato da cultura, letteratura, inconsapevolezza.
Va a finire che la gente non vada a preferire altro che un “ti amo” detto di fronte ad un balcone sul mare, con in mano un flute di spumante, anzi meglio di champagne, ad un “ti amo” che magari non è stato ancora detto, ma sicuramente è già nato.

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