martedì 25 giugno 2013

Intercapedine


E' inutile dire (ma mi piace anche l'inutilità) che esista tutto un mondo inesplorato nelle relazioni tra persone. Quello che dico non è la stessa cosa di quello che viene recepito, quello che faccio va nel mondo e gira e viene assimilato e viene capito in milioni di maniere diverse, anche dalla stessa persona, anche a seconda delle giornate. E così ecco qua che io che sono tanto attento al presente o ai passati remoti e ai lontani futuri mi perdo le intercapedini e le pause. Mi perdo quel lasso di tempo e di spazio che sta tra una mia lettera e la risposta, o la mancanza di risposta. Mi perdo le brevi attese, mi perdo quelle interminabili. Mi perdo tutto lo spazio che c'è dal punto A al punto B, perché in macchina corro a tutto ed ho fretta di arrivare, e anche fretta di ripartire. Mentre spingo l'accelleratore dico: devo arrivare il più in fretta possibile, perché più tempo sto in strada, più tempo rubo al posto in cui voglio arrivare. E' una questione di spazi e tempi stabiliti e ben fermi, insomma, ma vorrei poter esplorare tutto quello che c'è di dilatabile. Lo spazio e il tempo di una corsa in macchina, appunto, lo spazio e il tempo che impiega un'attesa.
Le intercapedini sono affascinanti. Nell'intercapedine tra un soffitto e un controsoffito, o tra un pavimento e le fondamenta di un palazzo, per esempio, aleggiano mistero, dimenticanze, situazioni non considerate, topi che nessuno ucciderà finché restano lì dentro, metrature insignificanti nel mondo dinamico esterno. Nell'intercapedine tra un soffitto ed un controsoffitto, a furor di metafora, c'è fantasia Disney. Nel senso, non c'è niente e c'è tutto, è uno spazio dove tutto procede fuori dalle logiche terrene, direi. Uscendo dal lirismo, quando io prendo una penna e scrivo una lettera d'amore su di un foglio precedentemente bianco ed imbuco la lettera lasciando che faccia quello per cui è stata creata, cioè arrivare ad una data persona, io ho davanti un'intercapedine, cioè una pausa di spazio e tempo. In questa intercapedine, nasce un mondo, che è un mondo completamente fantastico. C’è un me che aspetta e fantastica e si domanda e vaga con la testa tra le nuvole; c’è un postino samaritano che prende la mia lettera e decide che quella sarà la prima lettera per importanza a dover essere recapitata, ma c’è anche un postino bastardo che decide di aprirla e buttarla via per dispetto; c’è una lei che è ignara di tutto e che sta vivendo quindi solo nella mia mente, nelle mie reazioni, nei miei pensieri, in quello che sarà possibilmente il nostro futuro.
C’è tutto il mondo intero, che va avanti come sempre, nello spazio di tempo che va tra la spedizione e l’arrivo della lettera, ma che qualcosa di cambiato lo ha, quasi impercettibile, è quel gesto che ha messo in moto delle possibilità per un futuro diverso, che già però ha cominciato a voler esistere, e chissà mai se esisterà. Chissà mai se lui e lei passeggeranno insieme su quelle strade, compreranno un giornale in quell’edicola, si siederanno a quel caffè, nuoteranno in quel mare. E questi sono gli spazi dell’intercapedine, che il tempo ci consegna: spazi che iniziano a formarsi e vivono e vivranno totalmente, se mai sarà loro concesso: se mai quei due, io e lei, prenderemo, alzeremo un pannello del controsoffitto, ed insieme guarderemo sorridenti quanta roba c’è lì in mezzo.
Vorrei poter avere la forza per cibarmi di queste sospensioni, ma sono troppo impaurito da ciò che si promette ma non accade mai, ancora. Vivo nell’entusiasmo, e quindi vivo molto anche nelle delusioni. Ma pensandoci bene, anche tra entusiasmo e delusione c’è una bella intercapedine, quindi magari sto già sul carro.


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